Coriandoli di felicità
di Chiara Liberti
Bambini o adulti, voi da che parte state?
L’immagine girovaga in modo virale da qualche giorno, scatenando una lista di esclamazioni e di prese di posizione. Ci sono gli adulti fieri di sentirsi tali, quelli che vorrebbero amaramente sentirsi bambini ed infine ci sono quei grandi che proclamano orgogliosamente la loro visione del mondo a misura di piccoli.
Sicuramente per entrambe le parti disegnate si è desiderato dare una visione semplicistica e capace di autoironia, prendere questa immagine in maniera strettamente letterale significa non possedere alcuna capacità di andare un po’ in là con l’immaginazione.
Non è difficile poi trarne qualche spunto di riflessione, questa volta serio.
Forse a causa del mio lavoro, a stretto contatto con i bambini e con i loro ritmi di apprendimento, mi riesce piacevolmente semplice mettermi nella visione del tempo a misura di piccoli, seppur con qualche minima differenza che però non intacca il dato effettivo.
Ma probabilmente è soprattutto questione di carattere e di ricerca di motivazioni personali: entrambe queste cose fanno spesso sì che ogni tempo che vivo non sia fine a se stesso, ma sempre con un piccolo traguardo da raggiungere o un momento di positività da trovare. È un po’ come il famigerato “effetto Pollyanna”, che prova a cercare il buono anche quando in apparenza non sembra essercene. È la consapevolezza che anche nell’istante più particolare si può cambiare la propria visione di ciò che ci circonda e non c’è niente di più incredibilmente particolare del modo di osservare di un bambino.
“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse.[…] E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”
L’inverno freddo di gennaio e febbraio è ottimo per una cioccolata calda e per quella morbida sciarpa di lana confezionata a mano da una parente abile con il lavoro a maglia. La primavera – fiori, uccellini… e ahimè allergie! – è la rinascita della luce, del primo vestito leggero dopo l’inverno, del primo gelato… Ogni momento dello scorrere del tempo, se abbiamo la voglia di metterci a cercare, è un momento in cui viviamo il tempo anziché lasciarci vivere da esso. Non è la ricerca in stile caccia al tesoro, non servono mappe, né tanto meno abili doti da investigatore privato. È sufficiente imparare ad apprezzare ciò che ci piace, crearci dei piccoli traguardi che ci facciano vivere la vita non come una routine monotona e spesso frenetica, ma piuttosto come un levare le vele ed affrontare il mare aperto in direzione di un porto che sappiamo esserci da qualche parte.
Proprio come i bambini, che sono soliti avvisarmi con molto anticipo “Maestra, tra due mesi è il mio compleanno, sto imparando meglio il corsivo così scrivo tutti gli inviti per i miei amici”. Ecco che allora i due mesi si tramutano in un cammino in cui il tempo scorre non come un nemico, ma come un compagno di viaggio che ti incita a fare del tuo meglio.
I problemi non spariranno come per magia, le bollette non smetteranno di perseguitarci e l’aspirapolvere di casa non si animerà per fare il lavoro al posto nostro. Alzarsi in punta di piedi, a misura di piccoli, non significa rinunciare alle problematiche della vita da adulti.
È piuttosto un cambiare la prospettiva, un regalo di senso che possiamo – o dobbiamo? – fare a noi stessi.
Accontentarsi di briciole di felicità, dunque?
No, cercare di tramutarle in coriandoli.
Il gioco della felicità
di Silvia Azzaroli
Leggendo quello che ha scritto Chiara ho pensato a tante cose.
Mi ricordo che da bambina mi innamorai del gioco di Pollyanna, il gioco della felicità, l’idea di poter trovare il lato positivo di ogni cosa mi ha sempre affascinato.
Anche nei momenti difficili, soprattutto in quelli.
Non ho mai sopportato il cinismo e il pessimismo.
Credo sia molto facile vedere il male nel mondo.
Ovunque ti giri avviene una tragedia.
Non vi sto chiedendo di ignorarle, no, non lo farei mai.
Non è il tipo di giornalismo che voglio.
La cruda realtà va sbattuta in faccia, senza sconti.
Ma la realtà non è solo tragedie.
Sto leggendo un libro molto bello, il seguito di A Spasso con Bob di James Bowen, Il mondo secondo Bob.
James Bowen è un ex tossicodipendente che rialza la china grazie all’amore di un fantastico micio di nome Bob, come il serial killer di Twin Peaks, serie tv preferita di James.
La sua rinascita viene raccontata passo dopo passo, senza sconti, senza bugie.
Ed è proprio James che spesso racconta le cose buone che ha, appoggiandosi ad esse per continuare la sua scalata verso una nuova vita.
Uno dei momenti più belli è quando lui partecipa ad una maratona di beneficenza, in cui diverse persone, ex senza tetto come lui, provano a raccontare il proprio vissuto per spiegare alla gente cos’hanno passato, per fargli comprendere di non voltare la testa dall’altra parte.
James dopo questa camminata si sente rinascere, capisce che anche lui può dare qualcosa agli altri.
Anche questo fa parte del gioco della felicità sapete?James ha vissuto l’inferno, ne è uscito e grazie a questa terribile esperienza può tentare di aiutare persone come lui a fare lo stesso, a non farle essere più invisibili.
C’è chi dubita che la storia di James sia vera, ma al di là del fatto che io penso sia sincero, onestamente non ha importanza.
E’ importante il messaggio che da.
Guardatevi intorno, anche se siete malati, tristi e soli potete dare qualcosa agli altri, potete gioire di quello che avete, ritrovando la vostra umanità.
E questo mi fa pensare ad un’altra cosa.
La conoscete la canzone: “My favourite things” del mitico musical Tutti insieme appassionatamente? In italiano è “Le cose che piacciono a me.”
Sì, che la conoscete.
Provate ad ascoltarla e poi provate a fare l’elenco delle cose che amate di più.
Magari più volte.
Va meglio, vero?
Lo so anche io che il mondo sa essere brutto e crudele, lo so molto bene, per tante ragioni, ma non voglio vedere solo quello. Non c’è solo quello.